
Tutto ha origine alla fine degli anni ’40, quando per l’Italia ebbe inizio un nuovo periodo storico.
Gli Italiani dell’epoca avevano ancora la cultura del rispetto e non quella del turpiloquio, l’operosità e la determinazione di chi persegue e raggiunge i propri obiettivi confidando nelle proprie forze, il senso del dovere e la capacità di assumersi le proprie responsabilità, ovvero quelle caratteristiche peculiari del nostro Popolo che hanno portato al miracolo economico degli anni ’60.
E non solo, gli uffici ed i servizi pubblici erano efficienti perché chi lavorava per lo Stato era ancora cosciente e consapevole del proprio ruolo. E ne era orgoglioso. Assieme alle Autorità istituzionali, formavano la struttura pubblica a servizio del cittadino nella quale era riposta una normalissima fiducia. Niente vessazioni fiscali, niente conflitti di classe tra amministratori ed amministrati, anche perché gli amministratori venivano dalla stessa formazione mentale dei cittadini. Ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti, o in corso di accadimento, è assolutamente voluto.
Dobbiamo andare ancora più indietro nel tempo per comprendere appieno il nostro presente; per fare questo, però, dobbiamo parlare di un paese che non esiste, perché in Italia, oggi in epoca di matura democrazia, sono perseguiti i reati d’opinione: dicendo che Vallanzasca è un ottimo cuoco, si potrebbe incorrere in una condanna per apologia di reato.
Quindi, sempre parlando di un paese che non c’è, diciamo che negli anni “20 governò un Cavaliere che in quattro lustri lo trasformò radicalmente: strade, ferrovie, bonifiche, scuole case popolari centrali elettriche, tutte strutture che, affiancate da una politica sociale molto incisiva (previdenza sociale, assistenza sanitaria, vere organizzazioni statali in aiuto delle famiglie, delle madri e degli indigenti) favorirono l’industrializzazione, la ricerca ed importanti innovazioni tecnologiche di cui tuttora il mondo intero gode i benefici. In questa favola spiccano i grandi successi in ambito navale ed aeronautico, invenzioni, come quella della radio, la conquista di terre irraggiungibili come il polo Nord. La gente di quel paese aveva imparato a credere nelle proprie capacità, sapeva sacrificarsi e raggiungere gli obiettivi, guardava avanti con coraggio, forte dei valori e dei principi sui quali si fondava la società in cui viveva.
Poi vennero gli anni '40, gli anni ’60 ed infine il ’68. I principi ed i valori vennero calpestati in nome di una falsa libertà alla quale nessuno fu in grado di opporsi, lasciando che l’anarchia prevalesse, che dilagasse il principio del diritto e non del dovere, fino ad arrivare progressivamente ai giorni nostri in cui è lecito quasi tutto ad iniziare dalla violenza gratuita e dalla droga, entrambe sempre giustificate, in cui sono tollerate pedofilia e perversioni di ogni genere, i matrimoni gay, dove si toglie ai pensionati indifesi per dare a sconosciuti immigrati, ed una volta ogni cinque anni si aprono le carceri con un indulto per ragioni umanitarie, dimenticando come sempre i diritti delle vittime.
Detto questo, in questo contesto, in questo brodo culturale, si vorrebbe la testa di Schettino perché ha sbattuto con la sua Costa Concordia su uno scoglio, distratto da un’amica moldava, ed abbandonato la nave naufragata prima dell’ultimo passeggero.
Ma facciamola finita: non possiamo invocare principi e regole solo quando fa comodo dopo averli gettati nel cestino per la libertà di occupare le scuole ed incendiare le automobili durante una manifestazione. La legge è uguale per tutti. Schettino ha interpretato alla perfezione il suo ruolo nell’epoca in cui i fatti sono avvenuti. Lui non è stato il comandante di una nave, bensì il direttore di un Hotel di lusso, galleggiante, ma un Grand Hotel e come tale si è comportato. In osservanza dei più affermati principi edonistici che ci ha trasmesso la cultura capitalista, si è salvato: ha pensato per prima cosa alla propria vita.
Settanta anni fa, in quel paese in cui governava quel Cavaliere, non ci sarebbe stato bisogno di invocare il codice marittimo ed un processo per condannare il Comandante Schettino: ci avrebbe pensato da solo perché, a quell’epoca esistevano anche principi che rispondono al nome di onore e dignità.
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