Fiore: "solidarietà a Mirko Viola e Diego
Masi"
Oggi, 8 aprile, si sta
celebrando a Roma un processo contro alcune persone accusate di incitamento
all’odio razziale; tra questi due simpatizzanti forzanovisti, Mirko Viola e
Diego Masi. La condotta loro addebitata è l’aver contestato in alcuni interventi
scritti nel sito “Stormfront”, la tesi ufficiale sancita dal processo di
Norimberga, ossia l’aver il Terzo Reich progettato la “soluzione finale” con lo
sterminio su scala industriale di sei milioni di ebrei. Forza Nuova, che nulla
ha a che vedere con quel sito, fatta salva la propria riprovazione per qualsiasi
forma di persecuzione, non intende assumere posizioni su quell’annosa questione
che spetta al giudizio degli storici; ognuno dev’essere libero di pensarla come
gli pare; pure di pensare che quel processo, come successivamente affermato da
storici sicuramente non sospettabili di simpatie per il nazionalsocialismo, fu
in realtà un plotone d’esecuzione. Quel che però ripugna alla coscienza d’ogni
uomo libero è l’idea che l’opinione liberamente espressa su un accadimento del
passato possa essere motivo di persecuzione, carcere, proscrizione. Accade nella
“libera Europa” che si vanta d’essere democratica e civile; figlia dei lumi, fu
addirittura la Francia di Montesquieu, con la legge Gayssot, ad inaugurare
questo nuova, sottile, forma di caccia alle streghe. In Italia una norma che
punisce il c.d. “negazionismo” ancora non esiste; ma, attraverso uno specioso
procedimento (il)logico lo si gabella per “incitamento all’odio o alla violenza
razziale” ed il gioco è fatto. Due cose sono certe: la prima è che la storia non
la si fa colle sentenze o coi decreti legge, caso mai attraverso la ricerca e,
se occorre, la revisione dei testi e dei documenti; la seconda è che il c.d.
“decreto Mancino” – e mai disposizione legislativa ebbe appellativo più
appropriato – anche per il modo volutamente ambiguo in cui le norme in esso
contenute sono formulate, è una sinistra scure contro la libertà d’opinione ed è
questo un motivo più che sufficiente per invocarne
l’abrogazione.

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